Preliminare di Compravendita: come fare se l’immobile è in costruzione

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Come fare un contratto preliminare di compravendita se l’immobile risulta ancora in costruzione?

E’ una questione piuttosto tecnica, ma cerchiamo di capirla ugualmente.

La legge prevede una disciplina di tutela dell’acquirente o del promissario acquirente di immobili da costruire diretta a salvaguardarlo contro il rischio di inadempienze del venditore-costruttore e contro il pericolo che il costruttore subisca pignoramenti o procedure concorsuali (si tratta, in entrambi i casi, di procedure destinate a liquidare gli immobili per destinare il ricavato ai creditori).

Con l’approvazione del Decreto Legislativo 20 giugno 2005 n. 122 il nostro ordinamento si è dotato di un importante strumento di tutela dell’acquirente o del promissario acquirente di immobili da costruire.

Perché si è sentita la necessità di questa disciplina?

Perché si era constatato che in tanti, troppi casi, gli acquirenti di immobili “su carta” (immobili non ancora costruiti e che esistono, per l’appunto, solo sulla “carta”) si venivano a trovare in serissime difficoltà qualora il venditore-costruttore che aveva ricevuto congrue caparre o acconti sul prezzo al momento della stipula del preliminare non vendeva l’immobile costruito, o non lo terminava, oppure si veniva a trovare in una situazione “di crisi” (pignoramenti, fallimento, concordato preventivo, ecc.) tale da vanificare l’acquisto e da rendere sostanzialmente irrecuperabili le somme pagate dall’aspirante acquirente.

Tali forme di ingiustizia hanno così indotto il legislatore ad approvare la legge in questione che, nonostante molteplici aspetti problematici, ha introdotto nel nostro ordinamento importanti strumenti di tutela per l’acquirente di immobili da costruire, a cui quest’ultimo non può rinunciare.

Cosa riguarda

La legge ha un ambito ben specifico di applicazione: gli IMMOBILI DA COSTRUIRE.

Cosa sono?

La legge definisce questi immobili come quelli per i quali sia già stato richiesto (si badi bene, richiesto e non necessariamente concesso) il permesso di costruire, che siano ancora da edificare o la cui costruzione non sia ancora ultimata essendo in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità.

Sembra difficile, ma cosa significa nella realtà tutto ciò?

In primo luogo, va detto che il permesso di costruire è quel fondamentale titolo rilasciato dal Comune competente per territorio a seguito di un articolato iter amministrativo, che consente al richiedente di poter edificare.

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Il certificato di agibilità è poi quell’attestazione, rilasciata anch’essa dal Comune competente, che accerta che l’immobile e i suoi impianti godono delle condizioni di sicurezza, salubrità e risparmio energetico previsti dalla legge e dai regolamenti locali.

Pertanto, per poter invocare le tutele previste dalla legge, è necessario che l’immobile da costruire si trovi “in mezzo” a questi due momenti, quello in cui viene richiesto il permesso e quello nel quale viene rilasciato il certificato di agibilità.

Bisogna, quindi, stare bene attenti quando si compra un immobile “su carta”: se per esso non è ancora stato richiesto il permesso di costruire (e quindi v’è sostanzialmente solo un idea, seppur specifica, di quello che si intende realizzare) oppure è già stato rilasciato il certificato di agibilità (e quindi l’immobile è già in condizioni di essere abitato e deve, pertanto, ritenersi “ultimato” perlomeno civilisticamente) non si potrà pretendere l’applicazione della legge e invocare le tutele da essa previste.

A chi interessa

I destinatari sono ben specificati: non tutti gli acquirenti possono essere “utenti” di questa disciplina, ma solo quelli che siano persone fisiche (e non società o associazioni o altre persone c.d. giuridiche).

Più precisamente, l’ “acquirente” ai fini della legge è quella persona fisica che sia promissaria acquirente o che acquisti un immobile da costruire o che abbia stipulato qualsiasi altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, o, ancora, colui che, socio o non socio, abbia concordato con una cooperativa edilizia l’assegnazione in proprietà o di altro diritto reale di godimento su di un immobile da costruire.

La definizione di legge non è semplice, ma cercheremo di chiarirla: in buona sostanza, è acquirente colui che abbia stipulato un contratto, sia esso un preliminare o di altro genere, che abbia come effetto quello di impegnare le parti ad un futuro trasferimento della proprietà di un immobile da costruire.

L’individuazione degli “altri” contratti è questione tecnica di una certa complessità che non può essere trattata in questa sede; qualora un “acquirente” si dovesse trovare di fronte ad un contratto “particolare” sarà opportuno che si rivolga ad un avvocato, che valuterà la pertinenza dello stesso con la legge in questione.
Ma anche chi vende non è un soggetto qualunque: egli deve essere un “costruttore”, che viene definito dalla legge come l’imprenditore o la cooperativa edilizia che promettono in vendita o che vendano un immobile da costruire, ovvero che abbiano stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto la cessione o il trasferimento non immediato in favore di un acquirente della proprietà o di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, sia nel caso in cui lo stesso venga edificato direttamente dai medesimi, sia nel caso in cui la realizzazione della costruzione sia data in appalto o comunque eseguita da terzi.

Anche qui la definizione non è semplice… basterà dire che costruttore è sempre colui che “professionalmente” svolge questa attività (imprenditore) oppure una cooperativa edilizia e che stipuli un contratto del tipo sopra richiamato.

NON è quindi costruttore il privato.


Attenzione: è costruttore anche colui che, sempre essendo imprenditore, si impegna a vendere l’immobile pur affidando a terzi appaltatori la materiale realizzazione dell’immobile stesso.


Il contratto

La disciplina in materia stabilisce regole ben specifiche in ordine al contenuto del contratto preliminare di compravendita o comunque del contratto che impegna alla vendita futura dell’immobile da costruire.

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Il contenuto del contratto è previsto nell’art. 6 del Decreto Legislativo, con una lunga elencazione e non  è certamente questa la sede per commentarlo integralmente; basterà dire che tale norma, proprio perché è diretta a tutelare l’acquirente, impone che i c.d. elementi essenziali del contratto siano assai specifici:

  • l’oggetto del contratto, ovverosia il bene immobile, deve essere descritto con particolare cura e dovizia di particolari, sia con riguardo ai dati catastali e edilizi (estremi del permesso di costruire o della richiesta di permesso) sia con riguardo alle caratteristiche tecniche della costruzione (con obbligo di allegare il capitolato di appalto e le tavole di progetto), sia infine con riguardo agli eventuali “gravami” pregiudizievoli, quali, principalmente, le ipoteche;
  • il prezzo deve essere determinato e devono essere indicate eventuali caparre o acconti versati o da versare, mentre le modalità di pagamento dovranno essere “tracciabili” (bonifici, assegni, ecc.).

Anche gli elementi c.d. accessori devono essere ben precisati:

  • il termine per la consegna dell’opera finita,
  • il soggetto che eventualmente è stato o sarà incaricato di eseguire la costruzione (appaltatore).

Infine, è rigorosamente necessario indicare gli estremi della fideiussione che il costruttore deve consegnare, a pena di nullità, all’acquirente ai sensi dell’art. 2 del Decreto, fideiussione che, come vedremo nel prossimo paragrafo, costituisce una delle novità più importanti della disciplina in questione.

La tutela in caso di situazione di crisi del costruttore: LA FIDEIUSSIONE.

Abbiamo detto che il Decreto Legislativo n. 122 del 2005 ha introdotto importanti strumenti di tutela a favore dell’acquirente.

Quali sono questi strumenti?

Forse il più importante e certamente il più noto è la fideiussione che, ai sensi dell’art. 2, il costruttore è tenuto ad attivare ed a consegnare all’acquirente al momento della stipula del contratto.

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Innanzitutto va chiarito cosa sia una fideiussione: si tratta di uno strumento di garanzia c.d. “personale” (in contrapposizione con le garanzie c.d. “reali”, quali il pegno o l’ipoteca, nelle quali è la cosa – o res – a costituire la garanzia) in virtù del quale un soggetto si obbliga a pagare un debito di un terzo qualora quest’ultimo non vi provveda o anche a prescindere da ciò (garanzia a prima richiesta).

Per gli immobili da costruire il nostro legislatore ha imposto al costruttore di procurare e consegnare all’acquirente, al momento della stipula del contratto preliminare o del contratto che comunque impegna al futuro trasferimento, una fideiussione che garantisca all’acquirente la restituzione di tutto quanto lo stesso abbia versato o verserà, oltre agli interessi, prima dell’acquisto dell’immobile nel caso in cui l’imprenditore si venga a trovare in una “situazione di crisi”.

Come abbiamo già sottolineato sopra, uno dei problemi più importanti che la legge voleva risolvere era quello degli acquirenti di immobili da costruire che, spesso, si trovavano ad avere anticipato consistenti somme al costruttore e che, a fronte dell’eventuale fallimento o comunque delle difficoltà dell’imprenditore, non riuscivano ad ottenere il trasferimento dell’immobile e nemmeno la restituzione delle somme pagate, perché, nella gran parte dei casi, tutte le proprietà del costruttore erano state ipotecate a favore delle banche, non restando nulla o molto poco per la restituzione degli anticipi e/o delle caparre.

Ecco che si rende necessario fornire delle garanzie agli acquirenti, perciò è stata creata la fideiussione per il caso di “situazione di crisi”: tale situazione si ha ogni qualvolta il costruttore subisca un pignoramento che riguardi l’immobile in corso di costruzione o il terreno su cui verrà costruito (procedura esecutiva destinata a far alienare forzatamente degli immobili per destinare il ricavato ai creditori), ovvero fallisca o venga richiesto un concordato preventivo o altra procedura concorsuale (procedure che sanciscono in generale una sostanziale condizione di insolvenza, ovvero di incapacità a pagare normalmente i propri debiti).

A fronte di tali situazioni (e, si badi bene, solo di queste) l’acquirente può sciogliersi dal contratto stipulato e chiedere la restituzione di quanto pagato a titolo di caparra e di acconti.

Ma chi dovrà fare ciò?

Ovviamente il fideiussore, ovverosia il terzo che ha prestato la garanzia personale, terzo che dovrà essere, come prevede la legge, una banca, una compagnia di assicurazione o un intermediario finanziario iscritto a un determinato elenco speciale.

E’ particolarmente importante in questi casi assicurarsi che il soggetto che presta la fideiussione sia affidabile e solvibile. L’importanza della consegna della fideiussione è evidente se si considera che la sua assenza comporta la nullità del contratto (il contratto è invalido e non potrà avere alcun effetto) relativo al trasferimento dell’immobile da costruire; si tratta peraltro di nullità c.d. relativa, che può cioè essere fatta valere solo dall’acquirente, e quindi il costruttore non potrà profittare di una mancanza che è a lui imputabile.

La fideiussione deve poi contenere la rinuncia al beneficio di escussione, ovverosia deve essere azionabile immediatamente senza dover passare da una preventiva richiesta al costruttore, e l’eventuale mancato pagamento del premio non ha alcun effetto per l’acquirente.

La tutela post vendita

Ma la legge non si limita a tutelare l’acquirente per il caso di situazione di crisi, ha predisposto anche altri mezzi di tutela per le difficoltà che possono sorgere dopo la vendita.

 

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In primo luogo, il legislatore impone al costruttore di consegnare, al momento della stipula del contratto definitivo con il quale avviene il trasferimento della proprietà (o la costituzione di altro diritto reale di godimento) dell’immobile oramai costruito, una polizza assicurativa (volgarmente denominata anche postuma decennale) che garantisca l’acquirente contro le ipotesi di rovina, pericolo di rovina e, in generale, di gravi difetti dell’immobile (tutti i casi previsti dall’art. 1669 c.c., ovverosia la garanzia per la rovina e difetti di cose immobili).

Perché questa imposizione?

Il motivo deriva dal fatto che i costruttori, spesso costituiti in forma di società di capitali, una volta terminata l’opera scioglievano le società stesse che venivano poi cancellate dal Registro delle Imprese.

Nel momento in cui, poi, gli acquirenti scoprivano l’esistenza di gravi difetti e avrebbero potuto invocare la tutela di cui all’art. 1669 c.c., non riuscivano a farlo perché… non esisteva più nessuno da citare in giudizio!

Ecco che si è deciso di imporre al costruttore di prestare una polizza assicurativa che copra il rischio di gravi difetti dell’immobile per una durata di dieci anni dall’ultimazione dei lavori e quindi risarcisca l’acquirente dei danni che dovesse subire a causa di tali difetti, anche se tali danni dovessero essere provocati a terzi (tecnicamente si tratta di una polizza sulla responsabilità civile del costruttore ai sensi dell’art. 1669 c.c. a favore dell’acquirente).

Altro strumento di notevole importanza è l’esenzione dall’azione revocatoria fallimentare.

Quando una società fallisce, il curatore del fallimento (ovvero il soggetto che gestisce tutte le fasi della procedura fallimentare dopo la sentenza di fallimento) ha la possibilità di “revocare”, cioè di rendere “inefficaci” o privi di effetti rispetto al fallimento gli atti con i quali il fallito, entro certi termini temporali prima della dichiarazione di fallimento, ha disposto dei suoi beni: può trattarsi di pagamenti, di vendite, ecc.

Il fallimento è uno strumento importante perché permette di recuperare fondi da utilizzare per il pagamento dei creditori.

La vendita di un immobile, se avviene nei tempi previsti dalla legge fallimentare, è certamente un atto (di disposizione) che può subire la mannaia della revocatoria; l’effetto per l’acquirente è particolarmente grave, visto che lo stesso è sostanzialmente privato del bene acquistato, che viene restituito al curatore.

Per ottenere la restituzione del prezzo, dovrà “insinuarsi” nel passivo fallimentare (in pratica formulare una domanda di pagamento del proprio credito) partecipando con tutti gli altri creditori alla ripartizione dell’attivo fallimentare (ovvero del ricavato della vendita di tutti i beni del fallito).

Ecco che la legge ha sancito che se l’acquisto ha riguardato un immobile da costruire (e poi costruito) per il quale l’acquirente si sia impegnato ad adibirlo a residenza propria, o del proprio coniuge o dei propri parenti o affini entro il terzo grado, e il prezzo di vendita sia “giusto” al momento della stipula del preliminare, allora non è possibile per il curatore esercitare l’azione revocatoria.

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